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OFFICINA DEL RUMORE Motel's Light

Ribéss 2007; cdr cartonato, 11 tracce audio, 47’; 6 euro

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Non è stato facile spiegare al mondo cosa ci faccia un gruppo come l’Officina del Rumore nella tana del Re Biscio. Ma nel lasso di tempo fra il primo e questo secondo album, mentre una felice trasformazione era in atto, i due mondi si sono incontrati scontrati e di nuovo incontrati. L'Officina ha rinnovato i locali: cambiato il parco strumenti (alle macchine si sono aggiunti Elio de Paoli al basso e Luca Rossi alla chitarra), cambiate le dosi dei suoni ma soprattutto i riferimenti musicali: e.b.m., ora, non sta più per electronic body music ma per electroblues movement. Blues riletto nelle sue radici. Anzi, Motel’s Light È un disco di radici. Rasoiate blues alla Suicide, scarti di elettropop alla PIL, del rock’n’roll che si finge scanzonato e la solita scazzonaggine umorale, nera come il sangue di una seppia. Nel complesso – dettaglio non da poco per l’Officina – coerenza di fondo e abrasività sono rimaste intatte, ma con telai meno oppressivi, dinamiche meno asfissianti. In un paio di pezzi, addirittura, c'è di che struggersi. Anche sull’Officina è scesa una luce più calda e crepuscolare. Tanto che dall’album, a tratti, sembra scaturire in sordina un’autoironia nostalgica. Un po’ come se Marinetti, sopravvissuto al ’44, scampato al ’68, avesse riletto i suoi manifesti futuristi. Ready go, ready go!