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SANTO BARBARO Lorna

Ribéss / Santo Barbaro 2011, distr. Audioglobe; dvdpack orizzontale, 13 tracce audio, 46’; 10 euro

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Intro a Lorna, di Sergio Segio, agosto 2010.

Indubbiamente Pieralberto Valli è un poeta. I testi di Santo Barbaro ne fanno fede, al di là di ogni altra osservazione etica ed estetica sul discorso musicale.

Si è da tempo concluso il Novecento, con i suoi miti e i suoi riti. Lo si è (malamente) consegnato alla Storia e a un’architettura di memorie imperfette e incattivite ma vincenti, laddove ciò che è maggioranza diventa ragione. Un secolo breve terminato per giunta anticipatamente, sepolto sotto le macerie del Muro, che non ha lasciato eredi e interpreti, se non quelli nascosti nelle catacombe postmoderne o attardati a contendersi inservibili lasciti. La critica e il mutamento necessitano invece di nuove voci radicali, e radicalmente diverse.

Una di queste, la più potente, è la poesia.

Spuntate le armi convenzionali, asservite le menti al Nuovo Ordine Globale, narcotizzate le coscienze, la poesia permane come sovversione possibile e non sospetta, come arma di sollevazione di massa. Forse meno riconoscibile, ma certo più efficace di ogni altra.

Rimane vero che il mondo sarà salvato dai ragazzini, come voleva Elsa Morante. Vale a dire da chi conserva la verità e lo stupore del mondo. Ma per essere salvato dovrà essere cambiato: e questo potrà farlo solo la poesia. Capace di ricucire la lingua recisa dei ponti, per seguire la metafora di Nudi dorsi; essa stessa ponte tra le opposte rive dove sono da sempre confinati i cuori e le menti degli uomini, incapaci di riconoscersi reciprocamente. Capace di liberare dai dogmi e dalla paura, che rendono imprecisa la mira e falsato l’obiettivo, come suggerisce Lorna; sapendo che la «rivolta silente», per essere capace di futuro, deve prima di tutto tirare allo specchio, come in Piloti di seppia.

Non è allora forse un caso che come punto di partenza di questi testi, oltre alle suggestioni balcaniche e alle cosmogonie personali dell’autore, vi siano reminiscenze e spunti latinoamericani. Un’area geopolitica e sociale che, pur con tutte le differenze e contraddizioni interne, negli ultimi anni pare stagliarsi come speranza possibile, come uscita di sicurezza da una globalizzazione autoritaria e rapace che sta umiliando i popoli e minacciando la loro comune abitazione, la madre Terra.

Per salvarci – noi e il pianeta che ci è stato dato in prestito e che dovremmo consegnare alle nuove generazioni − c’è bisogno di poesia e di visioni, di capacità di immaginare ciò che ancora non c’è, di cui non si avverte più il bisogno ma che è invece – letteralmente – vitale costruire. C’è bisogno di «afferrare in volo il senso ultimo della nostra umanità», come qui ne L’uomo del sogno.

Ma la stessa capacità di immaginazione è stata svilita e corrotta dall’imperativo del presente e va dunque prioritariamente ricostruita ma anche rinnovata, inventando parole nuove per i sentimenti di sempre.

Questo nuovo cd dei Santo Barbaro è una piccola cassetta degli attrezzi (delle emozioni, della nostalgia del futuro) decisamente adatta a questo scopo.

Un giorno passo e ti libero, prometteva il precedente lavoro dei Santo Barbaro, anch’esso prodotto dalla raffinata Ribéss records. Con questa nuova raccolta possiamo ora pensare di farlo davvero, di liberarci assieme. Giacché la libertà presuppone un movimento soggettivo e volontario. E una passione comune.

Di liberarci e di «continuare in quel che era giusto», come ha lasciato scritto Alex Langer, come estremo invito e ormai sfinito dono, mentre sceglieva di abbandonare la sua vita di convinto senzapatria e la sua intensa opera di costruttore di ponti, in particolare nell’ex Jugoslavia martoriata.

In verità, l’eredità positiva che il Novecento ha consegnato al nuovo secolo è proprio questa: la necessità dell’impegno e del battersi per ciò era, e permane, giusto. Un traguardo mobile, indubbiamente; rispetto al quale ciò che conta ed ha valore non è la meta ma è il viaggio stesso e il possesso dell’unica bussola davvero necessaria: la poesia, appunto.


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