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RIVULETS & DREKKA Howl on Wind – Live at Lavatoio

Ribéss 2005; bootleg, doppio cdr in jewel box a tiratura limitata, 20 tracce live, tot. 111’; 5 euro

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Registrato nell’autunno 2004, il giorno dei santi. Dopo che Drekka ha spinto alcuni tasti di un rack-effetti carrellato – crogiolo di tutti i suoi segreti sonici – si inizia a udire un fischietto in loop accompagnato da un ronzio di sottofondo a cui si va ad aggiungere una misteriosa nenia arabeggiante. L’ipnosi comincia qui. Drekka (all’anagrafe Michael Anderson), la sua chitarra, la sua voce da bambino smarrito al luna-park e il suo rack. Smiths, Magnetic Field, Belle & Sebastian e colonne sonore in versioni per non udenti, due allarmanti canti a cappella, ricordi di un noise che fu, ingenuità a cui nessuno ha creduto, loop e delay persi di controllo e dalla propagazione incendiaria. Arriva il momento finale della prima parte: Song for Reunion, eseguita dai due artisti insieme. Poi Drekka cede l’occhio di bue a rivulets, con la sua iniziale minuscola d’ordinanza. Il palco sembra un notturno desertico intorno a Nathan Amundson – martin acustica alla mano e una purpurea tristezza sul viso. Il suo punto di forza sta in quella voce profonda e versatile, perfetta. Un certo gusto goth, ballate intimiste dall’allestimento arcano e vagamente dreamy, un libro di lamentazioni in chiave acustica, possenti paesaggi in perenne glaciazione sullo sfondo delle parole. Questo live – uno dei pochissimi che i due artisti hanno onorato dell’ufficialità: persino l’etereo ed esigente Nathan – potrebbe un giorno rivestire molta importanza come documento di un suo estremo approccio al folk.