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OFFICINA DEL RUMORE Officina del Rumore

Ribéss 2005; cdr in confezione dvd, 13 tracce, tot. 50’; 6 euro

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L’Officina del Rumore è un po’ anche questo. Alex: giovane Wagner seduto sul cesso in cerca d’ispirazione polemica leggendo una biografia su Himmler. Danilo, synth e minidisc: sorta di chierichetto kraftwerkiano con la mano nascosta negli slip durante la funzione. Officina del Rumore: fabbrica anti-vitalismo, anti-mainstream, anti-new age e fanculo anche al rock visto che puzza ancora di America bempensante. È un profilo orgoglioso almeno quanto autoironico il loro. Con l’e.b.m. pestano desueti, ma pestano puliti. E nelle sfuriate come nelle malinconie digitali, nei toni che rievocano tanto la wave inquieta che quella glaciale e impettita, il suono è nitido come se dal martellamento dovesse sollevarsi un rado polverone melodico. Avanguardia o retroguardia che sia, l’Officina è persuasa di percorrere l’unica via dignitosa, fieramente operaia dell’elettronica d’inizio millennio. Ma cosa c’entra un gruppo come questo in un’etichetta come la Ribéss? La domanda (interna) ha sempre avuto la sua risposta: dell’Officina ci convince l’indagine involutiva. E l’ostinazione fuori dal tempo, contro le futili amenità di questo tempo. O meglio: contro il “logorio della vita moderna”.